27 September 2013

Intervista: Stilla

Andreas Johansson è una delle menti dietro il nuovo e già discusso progetto svedese Stilla. Il loro album di debutto, Till stilla falla, è infatti ben lontano da quanto ci si aspetterebbe da un gruppo svedese di black metal contemporaneo. Dalle sonorità grezze, che ricordano i “bei tempi andati”, alle variegate ritmiche, passando per scelte musicali spesso di difficile assimilazione e testi rigorosamente in svedese. Ciò nonostante, la band ha avuto e continua a guadagnare consensi dai quattro angoli del Continente, e non solo. A spiegarci le chiavi di questo successo, è lo stesso Andreas



Oggi abbiamo come ospite Andreas Johansson, il bassista degli Stilla, una nuova realtà del black metal svedese. Benvenuto! Innanzitutto, parliamo della scelta del nome di questa band. Stilla, in svedese, è una parola che ricorda qualcosa di silenzioso, tranquillo, che passa inosservato. Quest’idea è ripresa anche dal titolo del vostro album di debutto, Till stilla falla. Quali sono le motivazioni che hanno portato a tale scelta?

Grazie. Sì, l’interpretazione è corretta. Pensa al silenzio di una vasta landa, ad una nebbiosa foresta lontana dalla civiltà o alla calma portata dalla morte termica alla fine dell’universo. Il titolo dell’album fa riferimento alla termine e alla disintegrazione dell’anima. Una giusta traduzione potrebbe essere “Una caduta verso la quiete”.


Anche l’artwork che avete scelto per questa release ricorda i lunghi, nevosi e gelidi inverni dei paesi nordici che ogni anno sono portatori di irreali silenzi e assenza di colori. È questa l’idea espressa da una tale copertina?

L’edificio nero in copertina è il nostro luogo di ritrovo, dove l’album ha raggiunto la sua completa forma finale. Nonostante sua apparenza rustica, questo capanno trattiene in sé molte antiche vibrazioni. Considerato che l’album è stato composto durante uno dei più lunghi inverni che io ricordi, è stata una scelta appropriata: pensa al silenzio di una paesaggio coperto di neve…

Come sono nate le tracce di Till stilla falla? è stato un processo lungo e complesso, o piuttosto è stato un procedimento naturale? È difficile infatti non pensare a quanto tempo, talento ed energie sono stati spesi nella composizione di una lunga e sorprendente traccia come Aldrig Döden Minnas..., sicuramente uno dei brani migliori per descrivere lo stile elegante ed originale degli Stilla

I fondamenti di ogni brano sono stati creati da Pär Stille (chitarrista del gruppo, NdR) e poi io li ho elaborati. Quando siamo entrati in studio, le tracce erano già tutte pronte. Aldrig Döden Minnas... è stato il brano su cui probabilmente abbiamo lavorato di più, la sua versione originale è molto differente dal risultato finale, mentre per gli altri brani, poco è cambiato rispetto ai primi arrangiamenti.

La produzione e il missaggio dell’album di debutto degli Stilla è un altro aspetto che cattura subito l’attenzione dell’ascoltatore. Infatti, questa produzione è riuscita a catturare l’atmosfera degli “anni d’oro” del black metal, come se fosse stata registrata oltre quindici, vent’anni fa. È questo il risultato a cui ambivate inizialmente?

Sì, volevamo creare qualcosa senza tempo. Per questo, al posto di andare alla ricerca di sonorità specifiche, come in questo o quell’album, abbiamo optato direttamente per una produzione efficace, robusta e grezza.
Till stilla falla ha finora ricevuto ottimi riscontri, in Europa e non solo. Sei soddisfatto di quanto prodotto o la band ha già iniziato a lavorare su nuovi materiali?

Siamo sorpresi dalla grande attenzione ricevuta in Europa e molto soddisfatti dell’album. Siamo entrati in studio con una line-up non ancora completa e senza un’idea chiara su come sarebbe andata a finire, e ora abbiamo invece raggiunto questo livello. Abbiamo anche del nuovo materiale, che verrà registrato dopo l’estate, con l’intento di pubblicare una produzione nel pieno del prossimo inverno.

Tutti i testi di Till stilla falla sono stati scritti in svedese da te e Pär Stille. Come li descriveresti, per coloro che non conoscono la lingua? E, ritieni che queste due differenti modalità d’interpretazione delle tematiche abbiano qualcosa in comune, da poter condividere?

I testi trattano differenti aspetti di medesime atmosfere e emozioni: dalle viste notturne di cimiteri e di ampie lande alla sensazione di venire catturati dall’infinita rotazione della ruota del sole e dalla fine di tutto. È difficile indicare con esattezza come ma, pur essendo differenti, i testi sono sicuramente correlati tra loro da un’unità filosofica e spirituale.

Nel descrivere gli Stilla, gli unici termini ufficialmente scelti dalla band sono “Svensk svartmetall. Fjällmagi & mörkerblick” (“Black metal svedese. La magia della montagna e lo sguardo oscuro”. NdR). Come li descriveresti a chi non parla lo svedese?

Non lo farei. Quelle parole dicono già tutto. Prendetevi un dizionario se avete bisogno di comprenderle.

Andreas Pettersson (voce e chitarra, NdR) e Johan Marklund (batteria, NdR) hanno già collaborato in altre due band svedesi, i De Arma e i Whirling. È ancora una volta loro, l’idea che ha dato origine agli Stilla oppure questa band ha un’origine diversa?

Il progetto è nato da me e Pär Stille. Io e lui abbiamo sviluppato dei brani per circa un anno prima di entrare in studio. Durante le registrazioni la line-up attuale e definitiva è stata completata. Pär conosceva già sia Andreas Pettersson che Johan Marklund quindi è stata una scelta naturale, quella di collaborare con loro e farli entrare negli Stilla.

Recentemente avete fatto un annuncio piuttosto criptico in merito alla possibilità, per gli Stilla, di esibirsi a breve dal vivo. Quali sono, quindi, i vostri piani per il futuro?

Oh, vedremo. Ci sono già dei piani ben delineati e sviluppati. Prima di tutto registreremo un secondo LP a settembre, poi si vedrà quello che verrà. Ma non è improbabile, se ci saranno le opportunità, che ci esibiremo in live.

La nostra intervista volge ora al termine. Vuoi aggiungere qualcosa?

Lasciate indietro le sovrastrutture e i vostri amici, cominciate a vagare per le foreste accompagnati da Till stilla falla e non fate mai più ritorno. 

23 September 2013

Interview: Stilla

Stilla is a recently founded black metal band from Southern Sweden. Till stilla falla, their brand new album, has enchanted Europe with its dark and mysterious atmospheres. Andreas Johansson, bass man of the band, tells why have been the choices and inspirations behind this work of art...



Today we have as a guest the recently founded Swedish black metal band Stilla and one of its members, Andreas Johansson. Welcome! 
First of all, let’s talk about the choice of the name of this band. Stilla, in Swedish, gives out the idea of something silent, quiet, still and this concept is reminded also by the name of your full-length, Till stilla falla. Which are the reasons behind these choices?

Thank you. Your interpretation is correct; consider the silence of a vast field or murky forest bereft of civilization, or the quietude of total heatdeath at the end of the Universe. The album title refers to the end and disintegration of the soul - “To fall into stillness” would be a proper translation.

Also the artwork you’ve chosen for this release is a strong reminder of the long, cold and snowy Nordic winter and of the almost unreal silence and lack of colours it brings, one year after the other. Is this the main purpose of such a cover?

The building is our blacklodge, where the album was spawned in its final and complete form; it holds many olden vibrations in its rustic appearance. The album was created upon the onset of one of the longest winters in recollection, so it seemed appropriate: consider the silence of a landscape covered in snow. 

How did Till stilla falla tracks come to life? Has it been a long, complicated process or instead a very natural one? Especially after giving a listen to a long, amazing track like Aldrig Döden Minnas..., probably one of the best tracks to describe Stilla’s elegant and original style, it’s difficult not to think about how much time, energies and talent have probably been spent to create such a mind-blowing song…

The basic foundations of the songs were built by Pär Stille, elaborated upon by myself – the songs were practically finished once we entered the studio. Aldrig döden minnas... is probably the most worked-through piece on the album, its original version much different than the final outcome, wheras little has changed with the other tracks from their earliest versions.

Stilla’s debut album mixing and production is also something that immediately catches the listeners’ attention, since this full-length has really captured the atmosphere of the “good old times” of black metal, like it was recorded 15-20 years ago. Was this result what you were aiming for from the very beginning? 

Yes, it was our goal to create something timeless. Rather than hunting for a specific sound (like this or that album), we simply went for a good, raw and robust production.

Till stilla falla has, so far, received very positive reviews from all over Europe and beyond. Are you satisfied with what you’ve realized with this album, or has the band already started working on new ideas and materials?

We are surprised at the amount of attention we have received across Europe, and are much satisfied with how the album turned out; we entered the studio with an unfinished line-up and no clear idea of where it would end, and it became what it is today. We have new material, which will be recorded after the summer, aiming for a release at the depths of winter.


All lyrics in Till stilla falla have been written in Swedish by Pär and you. How would you describe them, to non-Swedish speakers? And, do you think that these two different ways of interpreting Stilla’s main lyrical themes have something in common, to share together?

They deal with various aspects of the same atmospheres and emotions: from nocturnal visions of graveyards and vast fields to being caught in the everlasting turning of the sunwheel and the ultimate end of everything. It is hard to pinpoint, but while they different, I would definitely say that the lyrics correlate to a spiritual, philosophical unity.

When it comes to describe Stilla, the only sentence used from the band to officially define itself so far has been “Svensk svartmetall. Fjällmagi & mörkerblick”. How would you explain this choice? And how would you describe Stilla, in a more detailed way?

I wouldn't – those words will do. Find a dictionary if you need to make sense of it.

Stilla’s frontman and drummer have already been co-members in two other Swedish bands, Whirling and De Arma. Has also the idea of a project like Stilla sprung from their talented minds or does this band have a different origin?

The project was initiated by Pär Stille and Andreas Vidhall, guitars and bass respectively. Me and Pär developed the songs for about a year before we entered the studio, and it was during the recording process that the current and final line-up was completed. Pär knew both Andreas Petterson and Johan Marklund (vocals and drums respectively) since before, and it was a natural choice to collaborate with them, and fold them into Stilla.

Recently you’ve made a cryptic announcement about the upcoming chance to see Stilla performing live on stage. Which are your plans for the future? 

Oh we'll see. Plans are being hatched and developed. First of all we will record a second LP in September, after that all is unknown. But it is not unlikely, if the opportunity arises, that we will perform live.

Our interview is now coming to its end. Do you have something else to add or something to say to our readers and Italian fans?

Leave your screens and friends behind, wander into the forests accompanied by Till stilla falla”and never return. 

13 September 2013

Interview: Afenginn




Today our guest is Kim Rafael Nyberg, frontman of the Danish contemporary folk band Afenginn. This band is one of the heavy players in the European field of contemporary world/folk music. They are continuously seeking new borders and projects to push the limits of their music and are highly active on the live scene with numerous tours and performances in the past years, including a recent gig at Faroese G! festival.


Welcome, Kim! Let’s start from one of your latest performances, the gig at G! Festival with the Copenhagen based Faroese chorus Mpiri. How and when have you started working with this particular ensemble and why have you chosen Mpiri as a support for this gig? 

Thank you! The album Reptilica Polaris from 2008 featured (as a part of a bigger setup) a male-choir and back then we toured with a brassquartet and five singers to perform that. Already then we wanted to do some shows with a complete choir and now was the time to do that. We started the collaboration already last year, with preparations and meetings and stuff, and started rehearsing in May this year. We chose Mpiri because they are a high profiled choir with some good singers and has been doing cross-over projects before, which is an advantage.  

A couple of years after Bastard Etno, you have released a new album, called LUX. How would you describe it? Are you satisfied with what you’ve realized or has the band already started working on new ideas and materials?

LUX is a more calm and lyrical album than any of the others, and show Afenginn from a different and more cinematic view than before. We wanted to make an album that has the same kind of vibe throughout and I think we succeeded with that on LUX. We're really happy for the result (and the reviews are hugely positive as well) and we really enjoy playing concerts with that material. This being said, the progress to make something new, and probably quite different, is already rolling. 

Saying that your musical genre is contemporary folk is just an understatement, since your style offers to your fans a different and unusual experience in folk music. You label your own style as Bastard Etno: what does these particular terms really mean? How would you describe the music you create to someone who’s not given it a listen yet?

It's true that there are a lot of influences in our music and it seems to be very hard for everyone, including us, to describe it properly. It's a organic mix of the melodic melancholy of Scandinavian music, with the speed and odd meters of Balkan and Klezmer and the sophisticated, cinematic feel of classical music – to mention some...We've called it Bastard Etno in the meaning of ”illegitimate and sporadic mix of ethnic musical influences”

Another typical feature of Afenginn is the specific outfit that the band wears during every onstage performance, making its members look sorta like they’re coming from somewhere in the past. Why have you chosen to maintain it the same throughout all your gigs?

The ethos behind the dresscode is that we want to look good on stage, so no casual outfit as jeans and t-shirt and so on – it should be more like the dress you'd take on to a wedding or a big party or something. But within those limits, it's up to everyone how we want to interpret that. Most of us usually wear a three-piece set and a hat. It may looks as we come from the past, but it is a try to be properly dressed. There are some obligations when you get to go on stage and we want to pay some respect to the audience by dressing well.


Every release you’ve so far produced included a very colorful and clear cover, featuring work of art by illustrator Jakob Bendix. How would describe this experience and long working collaboration?

Jakob Bendix is an old, both personal and professional, friend of Afenginn and he's been onboard ever since the very first posters and demos and been doing (almost) all Afenginn artwork from then on. He has a great understanding of our music and has played a big part in creating the visual side of the band. He has a very clean style and always has good ideas and is a fantastic sparring partner when it comes to concepts and good to tell the story in the artwork. 

Time for one classic question: how does an Afenginn song come to life? Do the studies each one of you has completed in different musical academies in a way influence the way you create new music?

The music of Afenginn is coming to life through a fairly uncomplicated process that has seemed to work well for us. The music is composed and written down on scores by me (Kim) and we meet to play and rehearse the first ideas. Sometimes it's all pretty ready when we start, and sometimes it needs more work. In that case we talk about it and people throw in ideas for the compositions and I go back home and work it out from there. Then we all work on the dynamics and general feeling and it pretty much shapes up from there. All the musicians have different backgrounds and bring in their personal flavour to the melting pot, but after many years of playing we have a good collective vision of the music and mostly have a shared understandning of what to do.

From the very beginning of your career your tracks and albums have been characterized by very original titles. So, how these peculiar names come to life? Is there any particular reason behind these choices?

Most of the tunes has a small, and usually surreal, story connected to them and some of the titles come from there. The language of Afenginn is a homemade lingua called ”street latin”. It's a mixture of a whole bunch of languages (almost like esperanto) and the idea behind this is that it should be available for everyone with a little knowledge of the most common languages. And many of the titles have references to that....with a little humour in it as well.

You have stated that Afenginn is continuously seeking new borders and projects to push the limits of their music. So, which are the current plans for the band’s future?

There are many plans for the band's future, sometimes more than there is time actually. But right now we're having a couple of tracks from LUX being remixed and will be released through our webpage later this year. In January we'll go on tour in Australia, which we're really excited about as it's our first time there and we'll continue the tour in Germany right after that. During the spring and summer we're working on some more shows with the Choirnevale concert (with choir and marimba) and in June we're planning to release a mini-album with some dancable music. And we're working on a really cool project which includes food as well. These are some of the plans for 2014... 

Now our interview its coming to its end. Thanks for the precious time you’ve dedicated answering my questions. Do you want to add anything more?

Thank you so much. If you like what we do, you can find us online at Afenginn.com. Take care of yourself and follow your heart! 


Afenginn discography
Retrograd (2004)
Akrobakkus (2006)
Reptilica Polaris (2008)
Bastard Etno (2010)
LUX (2013)

More on Afenginn on their official website and Facebook, Twitter and Bandcamp pages

All the photos in this article, courtesy of Afenginn
Afenginn + Mpiri live at G! Festival, photo courtesy of Ditte Mathilda Joensen

02 September 2013

Intervista: Progenie Terrestre Pura

Sono due. E sono le italianissime. Sono le due menti dietro al sorprendente progetto Progenie Terrestre Pura, che sviluppa un concept profondo e quanto mai attuale, quello tra uomo e macchine. Il loro album di debutto, U.M.A., è una produzione rara e preziosa, capace di mantenersi equilibrata anche nella scelta di generi musicali molto diversi tra loro, senza lasciare il benché minimo dettaglio al caso. A parlarcene, sono proprio Nex[1] e Eon[0]


Oggi abbiamo come ospite una delle band rivelazione del 2013, i Progenie Terrestre Pura. Benvenuti! Iniziamo parlando della vostra nuova release, U.M.A.. Anche ad un primo approccio, appare evidente l’importanza che avete dato al rapporto uomo-macchina (voi stessi fate riferimento a qualsiasi strumento che non sia la voce come ‘macchina’). Quali sono le motivazioni che spiegano questa scelta?

Nex[1] L'interazione uomo-macchina è la base del concept q[T]p: la nostra è una riflessione riguardo la tecnologia e il futuro dell'uomo, il rapporto dell'umanità con una tecnologia sempre più presente ovunque. Lo stesso nome "Progenie Terrestre Pura" sta ad indicare i figli "naturali" della terra, l'uomo così come si è evoluto da sempre, in contrapposizione a quello che potrà essere un uomo futuro con capacità/possibilità enormi rispetto alla semplice specie sapiens come siamo noi oggi. Con questo non intendiamo assolutamente dipingere la tecnologia come un male che allontana l'uomo dalla sua vera natura, perché anzi può essere esattamente parte dell'evoluzione dell'uomo stesso: in realtà ogni manufatto artificiale fin dall'età della pietra è "tecnologia", quindi è essa stessa parte dell'uomo e si è evoluta con lui, c'è da sempre. Forse la portata tecnologica odierna/futura spaventa di più perché accanto ai benefici crescono anche i possibili rischi e questo è un fattore che mette a rischio l'umanità stessa.

Anche l’artwork di questa release, realizzato da Alexander Preuss, richiama la tematica uomo-macchina: una sola presenza umana è immersa in un mondo nuovo, dominato dai materiali e della tecnologia. Siete soddisfatti da questo tipo di rappresentazione? E come descrivereste, per coloro i quali non hanno ancora fisicamente acquistato l’album, le caratteristiche della copertina di questo digipack?

Nex[1] L'artwork ci piace molto, Alexander Preuss ha fatto un ottimo lavoro sia per la copertina che per le varie immagini presenti nel libretto! La cover è un'immagine che rappresenta in generale le tematiche e l'atmosfera che vogliamo creare con la musica del progetto q[T]p
Nel formato fisico in digipack c'è pure il logo trasparente traslucido stampato sopra, un tocco in più per rendere più particolare la confezione.

Rimanendo sul tema del supporto fisico, U.M.A. ora è finalmente disponibile anche su cd, anche se la distribuzione è partita con un considerevole ritardo. Che cosa ha causato questo slittamento nella commercializzazione?

Eon[0] L’enorme ritardo del digipack di U.M.A., del quale ci dispiace tutt’ora, soprattutto per chi l’ha preordinato magari dal primo giorno di disponibilità in pre-order, è dovuto sostanzialmente alla stamperia - estera - che l’ha realizzato, la quale ci ha coinvolto in un susseguirsi di “la settimana prossima verrà spedito”. Situazione piuttosto snervante per tutti, sia per noi che per Avantgarde. Speriamo almeno che l’attesa sia valsa la pena per chi ha ora il cd a casa; abbiamo messo molta cura nel realizzarlo, cercando di fornire qualcosa di bello da comprare ad un prezzo onesto. 

Molti, dopo aver ascoltato i vostri primi pezzi, si aspettavano da voi un primo album con il botto. Moltissimi altri, che vi hanno scoperto solo attraverso U.M.A., vi hanno sommerso di giudizi positivi, sia a livello personale che professionale. Vi aspettavate un tale riscontro di pubblico e critica?

Eon[0] No, non diremo. Crediamo molto nella nostra musica e nel suo potenziale ma, essendo U.M.A. un disco con una sua spiccata personalità (almeno secondo noi), diciamo che si poteva anche tranquillamente pensare che, magari, ai più potesse anche non piacere così tanto, almeno nell’immediato. Generalmente, invece, pare abbia fatto breccia fin da subito nella maggior parte delle persone che l’hanno ascoltato. 

Il vostro stile musicale rientra in quei rari casi in cui dare delle etichette non solo è inutile, ma sostanzialmente anche sbagliato. Dal 2009 ad oggi, poi, la vostra musica si è notevolmente sviluppata e migliorata: come la descrivereste, ora come ora, a parole vostre?

Eon[0] Il nostro stile parte da una base di black metal atmosferico, sulla quale abbiamo inserito una fondamentale componente progressive (in senso “ampio”) ed elettronica. Le atmosfere stesse, seppur non siano rivoluzionarie, guardano a generi (Psybient e IDM) che magari non sono molto “osservati” dalla media delle black metal band (ma anche del metal in generale), e questo probabilmente fa apparire la nostra musica come un qualcosa di fresco e personale, per alcuni addirittura innovativo. Noi diciamo semplicemente che abbiamo unito due anime che probabilmente non erano state (almeno dai più) unite in precedenza: l’attacco del black metal, l’ambient psichedelico e rilassante e i passaggi di elettronica più complessa.

Avete scelto di sviluppare testi in italiano, pregio che rende al nostro pubblico conterraneo ancor più piacevole e intrigante l’ascolto delle vostre tracce, ma che chiaramente va a limitare la fruizione globale da parte degli stranieri. Cosa vi ha portato a questa, oramai definibile inusuale, scelta?

Nex[1] La scelta dell'italiano è stata naturale, non abbiamo mai pensato all'inglese o al dover scegliere. Una volta impostato l'argomento, la difficoltà nello stendere il testo è praticamente identica sia in una lingua che nell'altra, anzi forse alla fine è pure più difficile dover tradurre certe espressioni in inglese o comunque far girare il testo nel modo voluto. Per il discorso fruizione, prima o poi li tradurremo così ognuno può capirne bene (si spera) il significato.


Sempre a proposito dei testi, le tracce di U.M.A. appaiono legate tra loro, come a seguire un percorso unitario, un concept. Cosa ci potete dire al riguardo? E quale significato ha La Terra Rossa Di Marte, unico brano strumentale dell’album?

Nex[1] Come detto, il concept c'è ed è alla base del progetto q[T]p: l'interazione uomo-macchina. Questo è l'argomento principale diciamo, poi ovviamente c'è anche dell'altro, come l'esplorazione spaziale, l'evoluzione stessa, le possibilità che si vengono a creare grazie alla tecnologia, ecc; ogni testo/traccia è una narrazione, un viaggio all'interno di un unico immaginario futuristico. La Terra Rossa Di Marte vale esattamente come le altre tracce, non è intesa come un intermezzo, una pausa dalle "vere" composizioni o cose simili: semplicemente abbiamo scelto di non aggiungerci un testo e di lasciare tutto alla musica.

Avete definito U.M.A. come una naturale progressione della vostra prima produzione, Promo 2011. Vi sentite soddisfatti o ritenete che questo percorso, questo fil rouge che lega tutta la vostra discografia, possa trovare ancora dello spazio per evolversi?

Eon[0] Siamo assolutamente soddisfatti di come è uscito U.M.A. e, allo stesso tempo, siamo convinti che possiamo - e dobbiamo - evolvere il nostro sound; è un principio base del nostro progetto del resto. U.M.A. è uscito esattamente come volevamo, 5 capitoli che, partendo dalla stessa idea di fondo, esplorano, ognuno a suo modo, diversi modi per arrivarvi. È molto interessante quando, componendo, non devi porti il problema se il riff è black metal o djent ma solo se descrive al meglio l’immaginario a cui fai capo e il nostro prossimo disco, probabilmente, metterà l’accento ancor di più su quest’ultimo concetto.

All’interno della vostra presentazione online avete inserito, come fonti di ispirazione e influenza, brani, tra gli altri, di Asimov, Tarkovsky e Lévy. Come spieghereste questa scelta?

Nex[1] Sono degli artisti/scrittori, ma più che altro frasi/opere, che in qualche modo ci hanno influenzato o hanno catturato la nostra attenzione: Asimov per i suoi libri e il suo essere razionale e quasi scientifico nei suoi racconti, Tarkovsky per il lato riflessivo ed esistenziale, Lèvy per l'argomento della realtà virtuale e le infinite possibilità di crescita grazie alla condivisione e alla tecnologia, ecc. Dato che i testi sono una componente importante del progetto q[T]p, la lista di influenze non si limita semplicemente alla musica.

Una curiosità: sempre all’interno della vostra presentazione, avete scelto come vostra ‘residenza’ le Dolomiti. È solamente una scelta legata alla volontà di non dare alcun riferimento preciso a voi stessi, come denota la scelta dei soprannomi, o c’è qualcosa di particolare che vi lega a quest’angolo d’Italia?

Nex[1] In realtà è quasi il contrario: dato che viviamo in posti diversi (ma entrambi montani), al di là del fatto che appunto siamo legati alle montagne, Dolomiti è comunque più preciso di un generico "Veneto". La scelta di usare pseudonimi è legata al progetto, non c'è nessuna volontà particolare di tenere l'anonimato o altro, sono semplicemente identificativi in quest'universo sci-fi come se fossero i narratori della storia; molto probabilmente in altri progetti useremo nomi diversi, non è una cosa a cui diamo molto peso.

La nostra intervista volge ora al termine. Concludiamo con una domanda classica, quali sono i piani futuri dei Progenie Terrestre Pura?

Eon[0] Un nuovo disco prima di tutto, già in lavorazione tra l’altro. Sicuramente questa sarà la nostra primaria occupazione per q[T]p, più che non arrivino offerte irrinunciabili che ci distolgano da questo, ma non è molto probabile; in ogni caso staremo a vedere. Nient’altro di schedulato, almeno per ora; probabilmente raccoglieremo materiale per un particolare EP che, attualmente, non ha data, ma è più un’idea che altro al momento: di certo non siamo un gruppo dai molti impegni esterni.