Fin dagli esordi del genere, nel black metal la tematica satanista e, più largamente, anticristiana e anti religiosa in generale, ha ricoperto un ruolo chiave all’interno delle lyrics di molte tra le band più note anche ai non addetti ai lavori. A volte, la scelta di questi contenuti ha portato a frequenti esagerazioni e provocazioni ignoranti, nei testi, show e grafiche, tanto che nell’immaginario collettivo il black metal spesso è ridotto a poco altro che inni a Satana e capretti sgozzati. Tuttavia, esiste una nicchia di band che ha saputo mettere in musica il proprio disagio e odio verso il Cristianesimo seguendo un diverso approccio. Una di queste sono i Satyricon che, nel loro masterpiece Nemesis Divina colgono l’occasione per esprimere, con matura durezza, tutto il proprio odio verso Dio e quanto di male egli, attraverso il Cristianesimo, abbia arrecato alla grande madre Norvegia. Una ferma condanna che, riletta nuovamente oggi, richiama in parte anche alcune nuove correnti di pensiero e recenti avvenimenti...
DU SOM HATER GUD
22 aprile 1996.
Nemesis Divina, da molti considerato ancora oggi uno dei capolavori della discografia targata
Satyricon, è un album oramai quasi maggiorenne. Davvero molto è stato scritto negli anni a riguardo di questa release, che sa ancora oggi riportare, con grande energia e forza stilistica, ai fasti del black metal made in Norway degli anni Novanta, a quella oscura, maligna pagina del black che in tanti rimpiangono. Soprattutto tanti tra gli stessi fans dei
Satyricon, vista la loro deludente ultima fatica
Satyricon.
Ma torniamo al 22 aprile 1996. Il terzo full-length della band, Nemesis Divina viene pubblicato via Moonfog Productions e, ad attirare l’attenzione sono in particolare due brani, portati alla luce grazie all’interessante unione tra tre menti geniali. Il primo è The Dawn of a New Age, che vede l’emozionante collaborazione alle chitarre tra un Satyr in ottima forma e una pietra miliare come Nocturno Culto, seguito da Du Som Hater Gud (“Tu che odi Dio”), scritto in norvegese da niente di meno che dall’immortale Gylve “Fenriz” Nagell, secondo noto talento dei Darkthrone. Ed è proprio di coloro che odiano Dio, che vogliamo parlare oggi.
Du som hater Gud venne composto in onore della band nel 1994, ai tempi in cui
Fenriz aveva da poco messo il sigillo su uno dei masterpiece di sempre dei
Darkthrone,
Transilvanian Hunger, all’interno del quale la tematica anticristiana/satanista aveva già saputo occupare un importante ruolo.
Du som hater Gud non è da meno, ma sa focalizzarsi con attenzione sul rapporto aspro e controverso tra Norvegia e Cristianesimo, riportando alla luce dissapori storici mai del tutto risolti. Infatti, dopo circa due secoli di dominazione vichinga (il cui inizio in Norvegia risale, per convenzione, al 793 d.C.), che avevano unito la popolazione norvegese sotto l’egida degli dei e della mitologia norrena, il re norvegese
Haakon Haraldsson (conosciuto anche con il nome norreno di Hákon góði) tentò un primo tentativo di conversione della gente di Norvegia al Cristianesimo, con il supporto dall’allora re inglese
Æthelstan, fallendo a causa della forte opposizione dei pagani. Tuttavia, già nei pochi anni (995-1000 d.C) del regno di
Olaf Tryggvason, la conversione forzata dei norvegesi fece passi da gigante: il re in prima persona si fece battezzare, diede l’inizio alla costruzione di alcune chiese cristiane e cominciò a costringere con la forza la popolazione a cambiare religione. Il suo motto “
Tutta la Norvegia deve diventare cristiana o morire!” andò ben oltre i confini nazionali, dando il vita, tramite un regio decreto, al processo di conversione (con alterno successo) anche in Islanda e sulle isole Shetland, Orcadi e Fær Øer, all’epoca tutte facenti parte del regno norvegese (come riportato dalla nota saga dedicata ai re norvegesi dell’epoca, l’Ágrip af Nóregskonungasögum -alcune altre saghe riportano anche le aree vichinghe della Groenlandia tra le terre colpite da questo decreto).
Il quasi diretto successore di Tryggvason, Olaf II Haraldsson (divenuto in seguito San Olaf, santo e martire della chiesa cattolica), continuò la grande opera di cristianizzazione, andando a colpire anche le aree più interne e rurali della Norvegia, distruggendo i templi pagani e dando vita (anche se alcuni studiosi ritengono siano state in parte create successivamente) ad un’assemblea per gli ecclesiastici e a leggi che li tutelassero. Nel XII secolo, iniziarono ad insediarsi sul territorio norvegese i primi monasteri e il lento processo di cristianizzazione vera e propria poté dirsi concluso solo alla metà del XV secolo.
Appare dunque chiaro come la Norvegia, che già aveva subito il tumultuoso e devastante arrivo dei vichinghi alla fine del 700 d.C. (con la conseguente fuga di parte della popolazione), si ritrovò nuovamente a vedere sradicata la propria cultura in favore di una religione imposta da altri, che perdura ancora oggi. E proprio di questo tratta Du Som Hater Gud. Di quelli che odiano Dio, non solo a causa di aspri dissapori con un tale credo religioso, ma proprio per la sua presenza ingombrante e non richiesta nella propria vita e cultura. Il brano esordisce con delle parole molto pesanti, che verranno in seguito ripetute, per far meglio comprendere all’ascoltatore che, per chi odia Dio, il Cristianesimo non sia altro che un “amaro cancro”:
Du som hater Gud og kristent liv
Føler hans nærvær som en bitter kreft
Her må det skjendes og skjendes kvasst
Himmelrikets enger dynket i blod
Hater av Gud
Og lyspesten
Tu che odi Dio e la vita cristiana
che senti la sua presenza come un amaro cancro
Qui deve essere dissacrato, deve essere davvero dissacrato
i pascoli del Cielo, sono coperti di sangue
Odiatore di Dio
e piaga della luce
Una volta rivoltosi agli odiatori di Dio, il testo va ben oltre: come da buona tradizione del black metal, infatti, non può mancare l’affronto scandaloso alla divinità, che viene sbeffeggiata in modo chiaramente blasfemo, sia nella sua personale figura sia in un simbolo, quello dell’agnello, tra i più importanti di questa religione: l’agnello di Dio, proprio quell’agnello che dovrebbe liberare il mondo dai propri peccati, viene barbaramente ucciso da chi lo riconosce solo come un’invasore, non meritevole di alcuna pietà:
Se inn i Guds lamme øyne
Så spytter de i hans åsyn
Slå i hjel hans ynkelige lam
Med klubbe
Guarda negli occhi deboli di Dio
Poi sputa sul suo viso
Uccidi il suo pietoso agnello
con una mazza
Infine, il brano si rivolge a Dio stesso invitandolo, senza alcuna possibilità, ad abbandonare la terra norvegese, che egli stesso ha rovinato con la propria religione, le proprie parole vuote e le proprie tradizioni che sono andate a soppiantare per sempre gli antichi usi e costumi pagani, un tempo al centro della cultura norvegese:
Gud med ditt og dine
Har du lagt mitt Norgesrike i ruiner
Fordumstiders staute skikk og bruk
Kvestet du med dine stygge ord
Nå skal du bort fra vår mark
Dio, con le tue parole e la tua gente
hai ridotto il regno della mia Norvegia in rovine
Le nostre valorose tradizioni d’un tempo
le hai distrutte con le tue orribili parole
Ora, tu devi andartene dalla nostra terra
Du Som Hater Gud ha chiaramente un testo che, supportato ottimamente dallo stile dei Satyricon (in particolare dal riffing di chitarra), non lascia davvero spazio alle repliche. Il rifiuto, l’odio e il desiderio di liberarsi della cristianità, e dei valori che essa ha trasmesso alla società norvegese, appare chiaro e senza compromessi di sorta, visto che l’unico credo e tradizione valorosi sono quelli pagani di cui, con un messaggio sottile, questo brano sembra auspicare il ritorno, dopo essersi liberati completamente di tutti coloro che hanno permesso “l’invasione”della Norvegia da parte questa religione.
Un messaggio fuori dal mondo, nato casualmente dalla mente di quattro di quei soliti black metallers norvegesi tutti pazzi? Non proprio. Rimanendo sempre in ambito norvegese, infatti, una tale ostilità verso gli ‘invasori’ di quella terra nordica, traslata ai giorni nostri, si può rintracciare nel Fremskrittspartiet, partito “per il progresso” che, per attuarlo, supporta politiche conservatrici, anti-immigrazione e in opposizione a tutte quelle religioni che non siano quella cristiana, che ora è diventata baluardo dei valori nazionali. Senza dimenticare che, dalla frangia estrema di quel partito si è sviluppata la follia che ha portato
Anders Behring Breivik ad uccidere 77 persone per salvaguardare la Norvegia dall’invasione musulmana. 77 persone che hanno fatto la stessa fine dell’agnello di Dio in
Du Som Hater Gud. Con questo, sia chiaro, chi scrive non ha intenzione di mettere ancora una volta in cattiva luce il black metal, bollandolo come genere musicale capace solo di creare omicidi e violenze. Al contrario: un tale paragone sta proprio a sottolineare come enorme sia la differenza tra chi mette la propria rabbia in musica e, in generale, in opere d’arte che possono suscitare scandalo e clamore, ma che non vanno oltre l’opera in sé, e chi viene definito “un collega eccezionale, gentile con tutti” e approvato dalla società, che degenera in atti di pura pazzia. Questo è quanto chi si volesse avvicinare ad un genere metal controverso come è quello del black, non dovrebbe mai dimenticare.