Ad aprire le danze del day 2 arriva un artista raggae finlandese, Jukka Poika, e la sua band, gli Sound Explosion Band. Jukka, altro artista praticamente di casa, ha dato buona prova delle proprie capacità canore, offrendo al pubblico le hit del suo nuovo album Yhdestä puusta, come Älä tyri nyt, Siideripissis e il più datato singolo Silkkii, spesso avvalendosi del pubblico come voce extra e divertendosi con mosse varie e scherzi per intrattenere in ogni modo un'audience giovane ed entusiasta, anche se non numerosissima. Il contributo strumentale live (non una costante per questo artista, che spesso si avvale di un dj) ha significato un valore aggiunto alla sua performance live, che in più di un passaggio si è avvicinata qualitativamente al livello dello studio.
Musicalmente, se si dice Oulu, non si può prescindere da Kauko Röyhkä. Supportato egregiamente dalla sua band, il popolare frontman ha abilmente dribblato le polemiche legate all'incompetenza organizzativa (all'ultimo momento, il suo set è stato invertito d'orario con una giovane band pop finlandese e molti fans di quest'ultima si sono non poco infuriati, dopo aver scoperto dello scambio quando hanno scoperto che, per mancanza di accurata informazione, avevano perso l'esibizione dei propri beniamini), dando vita ad uno show intenso ed elegante, durante il quale ha dato un'ottima impressione, sopratutto a livello qualitativo. Rivivendo i fasti della propria carriera, Röyhkä ha energicamente interpretato i propri brani più celebri ed aggressivi, come Lauralle, Paha maa, Talo meren rannalla, Korsikalainen, Miss Farkku-Suomi e chiudendo con la canzone per eccellenza, Paska kaupunki. Giù il cappello!
Una band come gli Stam1na, non la si può mai prendere sul serio. Nonostante il thrash / heavy / alternative metal proposto da questa band non sia qualitativamente affatto male, la presentazione che la band dà di sé stessa sul palco è qualcosa di assai ilare: tastierista con un seno finto, chitarristi in tenuta campestre e un cantante che, bè, lo vedete dalla foto.. Pur non brillantemente supportati dal pubblico, che stenta a capire la differenza tra il mosh chiesto dalla band e il circle pit che decide di eseguire, il combo careliano dà vita all'esibizione più aggressiva e violenta dell'intero festival, grazie (o a causa) di brani come Arveton On Arvoton, Puolikas Ihminen e Paha Arkkitehti, più energici e senza freni in live che in studio, che mandano in delirio la gioventù sotto il palco e in bestia i poveri addetti alla sicurezza, non abituati a cotanto sommovimento. Spumeggianti.
Apulanta: non pervenuti. Questo è il triste responso dopo una scialba prestazione di 45 minuti, in cui il combo finlandese, uno tra i più attesi, ha attirato su di sé tutta l'incompetenza organizzativa del festival, vedendosi prima negare l'amplificazione della seconda chitarra di Toni Wirtanen, che ritorna per mezza canzone e scompare nuovamente, facendo andare su tutte le furie la band che abbandona il palco. Ritornati gli artisti in scena, i problemi non mancano, tanto che allo stesso frontman si rompe addirittura una corda, costringendolo ad interrompere il concerto ben prima del previsto. Senza dubbio di alta qualità, invece, la breve prima parte dell'esibizione, quando il combo aveva acceso il pubblico con brani quali Viisaus Ei Asu Meissä, Zombeja, e Mitä kuuluu?. Davvero un peccato, ma gli Apulanta non hanno davvero nulla da rimproverarsi.
Roxette e la sua band sono stati, fin dal principio, il nome che più mi ha fatto storcere il naso, alla lettura del billing del Qstock. Fortunatamente, il mio timore che si trattasse per l'ennesima volta di un tour mondiale alla "Ho bisogno di soldi" si è rivelato infondato visto che la popstar svedese (altroché Veronica Maggio) è riuscita a dar vita ad un set attorno alle due ore senza pecche e senza rallentamenti, in grado di coinvolgere un pubblico davvero di tutte le età. Alternando pezzi ritmati alle classiche ballate, Roxette ha spaziato all'interno della lunghissima lista dei suoi successi, proponendo live brani come Joyride, It must have been love, Spending My Time, The Look, Listen To Your Heart nonché l'immancabile Sleeping in my Car, con notevole entusiasmo, nonostante (perdonate) l'età e un fisico ancora non al top dopo la malattia che l'ha colpita qualche anno fa. Davvero ammirevole.
A chiudere serata e festival, scendono sul palco gli Swallow of the Sun, ingiustamente relegati alla venue più povera e ristretta, un palco di circa 15mq, al chiuso dove, a causa di una normativa che vieta ai minorenni di comprare alcolici, il pubblico è fisicamente diviso da un'alta rete in ferro, in grado certamente di aiutare a distinguere i maggiorenni dagli altri, ma anche di ferire le persone nel caso in cui si fosse dato vita ad un po' di mosh, anche minimo. Organizzazione a parte, il combo finnico riesce a dare ottima prova di sé e a convincere il pubblico, proponendo sia brani dal più recente Emerald Forest And The Blackbird, sia spaziando all'indietro nella propria discografia. Una prova davvero convincente, che ben fa sperare per il pubblico italiano, già in attesa della loro performance all'Into Darkness a novembre.
englanniksi tai suomeksiko?
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