21 November 2012

Into Darkness 2012 live report

Estragon, Bologna. Nuovamente un festival infrasettimanale. Nuovamente biglietto da 30€. Nuovamente un pubblico sottotono, nel numero e nell'umore, decisamente non da grandi occasioni. Eppure, all'Into Darkness, hanno suonato quest'anno gruppi che raramente si vedono sui palchi italici. C'è qualcosa che la Rock The Nation dovrebbe ripensare?
Ad ogni modo, per chi c’era e chi no, ecco quanto accaduto nella tappa bolognese dell'ultimo nato tra i festival RTN, 
Into Darkness, edizione 2012


Ad aprire la serata sono i greci Scar of the Sun, che iniziano il set un po’ in sordina, con due brani poco aggressivi, 8th Ocean Dried e Disciple Of The Sun, che trovano un tiepido riscontro tra lo scarno pubblico presente. Andando avanti con il set, tratto dall’ultimo full-length A Series of Unfortunate Concurrencies, la band di Atene ritrova però il carisma, anche grazie agli interventi del suo frontman Terry Nikas capace, con il suo fluente italiano, di coinvolgere in maniera più attiva i presenti, anche con non casuali errori, come quello di confondere ripetutamente la venue bolognese con Milano, nonostante le correzioni degli astanti. Tuttavia, quello che manca a questo gruppo, senza dubbio con molte potenzialità, è un po’ di chiarezza nel proprio stile. Quello che la band stessa etichetta come modern atmospheric metal, è infatti un doom metal pesantemente ibridato dal death, dove a passaggi energici, dominati dalla chitarra di Greg Eleftheriou, si intervallano inaspettati stacchi strumentali, lenti e atmosferici. Nonostante questo aspetto, la closing track Gravity -sicuramente la migliore del set- dimostra che gli ateniesi non mancano di capacità e che da loro, con tutta probabilità, è lecito aspettarsi un futuro produttivo.

Setlist:
1. 8th Ocean Dried
2. Disciple Of The Sun
3. I Lost
4. Swansong Of Senses
5. Gravity



A smorzare i toni della serata, tuttavia, è il set degli svedesi Lake of Tears. On the road da 20 anni tondi, questo quartetto porta in scena un progressive/doom/gothic metal poco performante che, accompagnato dai vocals piuttosto scialbi del frontman Daniel Brennare, contribuisce a dare un senso di poca fluidità e coerenza all'interno dei brani, nondimeno a convincere una parte non trascurabile del pubblico ad occupare i lunghi 45 minuti loro dedicati con qualsiasi attività non includesse l'ascolto della performance. Un gruppo che dall'organizzazione ha ricevuto tanto, ma che ha saputo trasmettere poco, con un'interpretazione poco vissuta, una scelta di brani vagamente simili l'uno all'altra e ad una mancanza di entusiasmo generale. Non a caso, se dopo vent'anni di carriera si è ancora fermi a livello di opening act, un motivo ci deve pur essere.

Setlist:
1. Taste of hell
2. Illwill
3. Demon you/lily Anne
4. Raven Land
5. The greymen
6. Boogie bubble
7. So fell fell autumn rain
8. House of the setting sun
9. Crazyman



A risollevare le sorti di una serata stravolta dai Lake of Tears ci pensano gli Swallow The Sun che, nonostante un set di durata ridotta, riescono a mettere in piedi un concerto molto interessante, che non comprende solo brani dall’ultimo, brillante album Emerald Forest and the Blackbird, ma spazia all’interno della discografia dei finlandesi fino a tornare agli esordi di The Morning Never Came.
Dal punto di vista strumentale la band si presenta concentrata e carica, dando ottima prova di sé, sotto l’egida di un marziale Kai Hahto, che già si era visto all’Estragon solo poche settimane prima a sostegno dei conterranei Wintersun. Pur mantenendo un rapporto tipicamente finlandese con il pubblico, un po’ freddino e privo di grandi discorsi, il sestetto si dimostra molto attivo sul palco e in grado di ravvivare anche i passaggi più lenti ed oscuri (rappresentativo in tal senso è l’atteggiamento on stage del tastierista Aleksi Munter). Ma, a guastare la festa del sestetto di Jyväskylä ci si mettono i problemi tecnici, che non vanno solo a rovinare la prima parte della centrale Labyrinth of London (Horror pt. IV), ma pregiudicano irreparabilmente i vocals del frontman Mikko Kotamäki, mal amplificati e davvero poco fruibili per l’intera durata dell’esibizione. Un peccato mortale, specialmente perché riguarda un combo che, come gli Swallow The Sun, non si esibisce di frequente in Italia.

Setlist:
1. Emerald Forest and the Blackbird
2. Out of This Gloomy Light
3. Labyrinth of London (Horror pt. IV)
4. Hold This Woe
5. Descending Winters
6. Night Will Forgive Us



In una serata senza un vero e proprio singolo headliner, molta attesa è stata riposta sui portoghesi Moonspell, in tour promozionale per la loro ultima, discussa release Alpha Noir. Tra il pubblico c’era chi si aspettava un set maggiormente improntato sui passati full-length e chi sperava (o temeva) in una scaletta legata esclusivamente ai nuovi brani. In realtà i Moonspell, che come più volte ricordato celebrano quest’anno i vent’anni di carriera musicale, optano invece per un’inaspettata terza via: quella sì di promuovere l’ultimo album, ma di portarne in live solo una piccola parte, saltando poi indietro di oltre un quindicennio, scegliendo le altre tracce esclusivamente da Wolfheart ed Irreligious (rispettivamente del 1995 e del 1996). La scelta dei lusitani sembra pagare perché, dopo un inizio targato 2012 (con tanto di elmo a tema Alpha Noir indossato da un Fernando Ribeiro in grande spolvero durante l’opening track Axis Mundi), il pubblico inizia realmente a scaldarsi con le incisive ed oscure Opium e Wolfshade (A Werewolf Masquerade), noti cavalli di battaglia del quintetto di Brandoa. La band, in grado di dar prova praticamente inappuntabile delle proprie capacità, rende omaggio numerose volte al pubblico italiano, fino a dedicargli in chiusura la classica Alma Mater, che manda in delirio un’audience capace letteralmente di seppellire Ribeiro e soci sotto un muro di grida cantate. Una buonissima esibizione dunque, quella targata Moonspell, capace di rappresentare un giusto compromesso tra passato e presente, tra mera promozione e grandi classici, che davvero non ha completamente scontentato nessuno.

Setlist:
1. Axis Mundi
2. Alpha Noir
3. Opium
4. Awake
5. Wolfshade (A Werewolf Masquerade)
6. Lickanthrope
7. Em Nome Do Medo
8. Vampiria
9. Alma Mater
10. Full Moon Madness



A chiudere il festival, gli svedesi più attesi della serata: i Pain. Reduci dal mezzo fiasco di You Only Live Twice e in tour promozionale in supporto all'ultima fatica, il DVD We Come in Peace, i quattro di Stoccolma decidono di optare per una scaletta classica, ricca di grandi successi e hits storiche, molto simile a quella già portata in scena nel 2008 nel tour a supporto dei Nightwish. Tuttavia, se dal punto di vista strumentale la band dà ampia prova delle sue capacità, non si può dire lo stesso per i vocals di Peter Tägtgren che, specialmente in clean, zoppica in maniera vistosa, glissando a tratti brevi passaggi dei testi. Si saprà poi che il frontman non è salito on stage nel massimo della forma fisica, ma c'è da dire che il produttore e multistrumentista scandinavo non è stato nemmeno particolarmente fortunato, tanto da dover cambiare in corsa microfono durante l'esecuzione del cavallo di battaglia finale Shut Your Mouth. Il pubblico presente sembra comunque non fare troppo caso alle varie vicissitudini del cantante, acclamando la band per tutta la durata del set, lungo solamente sessanta minuti. Chissà che magari i Pain decidano di organizzare un'altra calata europea a breve, questa volta veramente come headliner.

Setlist:
1. Same Old Song
2. I’m Going In
3. Walking on Glass
4. Zombie Slam
5. Dirty Woman
6. Monkey Business
7. End of the Line
8. The Great Pretender
9. Dark Fields of Pain
10. It’s Only Them
11. Let Me Out
12. On and On
13. Shut Your Mouth


Tutte le foto di questo report sono di Emma Costi
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14 November 2012

Into Darkness: i dettagli per la data bolognese

A poche ore dall'atteso evento, ecco tutti i dettagli per la data bolognese dell'Into Darkness tour 2012. See you there!


10 November 2012

Folkstone live report

In un Palacover di Villafranca diventato, in occasione dell’ultima data de il Confine Tour, una sorta di casa Folkstone, l’atmosfera è quella di un ritrovo familiare. Nessun vero e proprio controllo di sicurezza all’entrata, prezzi assolutamente accessibili, un’area gioco per bambini, un’altra attrezzata per la notte per tutti coloro si fossero visti costretti a pernottare in loco, una grande area per cenare ed un unico, grande leitmotiv comune: t-shirt dei Folkstone e corni da bevuta. Tutti pronti per una serata speciale, quella della registrazione del primo DVD live dei bergamaschi, dal titolo Frammenti, la cui pubblicazione è prevista per l’anno prossimo. E basta dare una breve occhiata alla band sul palco per comprendere che questa è la serata Folkstone contro tutti. 


Fin dall’inizio, emerge infatti un grande classico dei lombardi: i Folkstone contro il sistema. Basta infatti attendere i cavalli di battaglia Aufstand! e Non Sarò Mai, per sentire l’orgoglio ribollire nel sangue, l’orgoglio di una band che ha deciso di non firmare per nessuna label, di non sottostare a nessun manager o ordine dall’alto, ma di fare tutto da sé, prendendosi tutti i rischi, soprattutto economici, del caso. Il fedele pubblico li acclama, li inneggia, li chiama a gran voce: anche in questa speciale occasione, i Folkstone hanno vinto di nuovo, riuscendo a richiamare attorno a sé un folto pubblico, al quale viene dedicata la lunga, quasi eterna scaletta della serata, che spazia all’interno di tutte le pubblicazioni presenti nella loro discografia. Ma non è certo solo all’ambito musicale che si circoscrive lo spirito ribelle, diretto e polemico dei bergamaschi che, con Simone Pianetti, spronano ad una ribellione della gente comune, che arrivi dal basso, contro tutte quelle figure inutili che ci mettono i piedi in testa, contro la stupidità tanto osteggiata nella di poco precedente Nebbie. Il motto che risuona tra il pubblico è Ci vorrebbero più Simone Pianetti, e, d’altronde, data l’attuale situazione italica, come si fa a dar loro torto? 


Ma i Folkstone dimostrano di schierarsi anche contro le polemiche e le critiche, contro chi bolla certi generi musicali come di nicchia, e qui si ritrova un vasto pubblico dai 5 ai 70 anni, contro chi si lamenta e vorrebbe sentire più folk, e vede eseguiti anche brani in acustico (Anomalus e Sgangogatt), contro chi, appena entrato, si lamentava della scarna scenografia, e poi ha assistito ad una sua radicale trasformazione in live, con l’intervento di mangiafuoco per In Taberna e la proiezione sul fondo di effetti grafici e video della band, tra i quali quello del il nuovo singolo, Respiro Avido, particolarmente d’effetto. Ma anche contro chi pensa che un combo del genere non possa tener botta, e poi assiste ad un concerto di oltre due ore, dall’interessante scaletta che spazia tra le più diverse tematiche, con un solo encore e pause pressoché inesistenti. Perché i Folkstone sono così, sempre pronti a sorprendere e a stupire, pur restando nella loro semplice umiltà, nella ferma convinzione che Omnia Fert Aetas


E infine, Folkstone contro gli imprevisti in live. Non trascurabili sono stati infatti dei problemi tecnici di varia natura che, nella gran parte dei casi, sono andati a rovinare solamente brevi passaggi dei brani ma che, durante l’esecuzione di Un'Altra Volta Ancora, in cui alla voce è stata sorprendentemente lasciata la sola Roberta, sono stati talmente fastidiosi da dover costringere i bergamaschi alla riesecuzione del brano, per permettere una sua ottimale registrazione all’interno del DVD. Tuttavia, questa rimane l’unica vera e propria nota negativa di una serata con un generale alto livello, dove tutti e nove i musicisti si sono espressi al meglio delle loro capacità, senza incappare in errori rilevanti. 


Nell’ultima data del tour, alla vigilia di una lunga pausa che li terrà lontani dai live per alcuni mesi, i Folkstone vincono contro tutti, tanto da voler omaggiare i propri seguaci con un’ultima chicca finale: circa una ventina di minuti dopo la fine ufficiale del concerto, i lombardi hanno offerto ai presenti in sala un breve show strumentale, a base esclusivamente di cornamuse e percussioni. Una serata veramente energica e, grazie anche alla collaborazione del Palacover, interpretata per intero in una chiave familiare e tranquilla, che spesso manca a questo genere di eventi. Tanto che la guardia di finanza, presente in forza con i cani antidroga, ha trovato di stupefacente solo il pubblico dei Folkstone! 

Setlist
Il Confine 
Grige Maree 
Aufstand 
Non Sarò Mai 
Alza Il Corno 
Lo Stendardo 
Anime Dannate 
Terra Santa 
Respiro Avido 
Anomalus 
Ombre Di Silenzio 
Nebbie 
Folkstone 
Frerì 
Un'Altra Volta 
Ancora Frammenti 
Sgangogatt 
Briganti Di Montagna 
Luna 
Omnia Fert Aetas 
Simone Pianetti 
Nell'Alto Cadrò 
In Taberna 
Rocce Nere 
ENCORE 
Longobardia 
Vortici Scuri 
Con Passo Pesante

02 November 2012

Folkstone to record first live DVD

I Folkstone, una delle migliori band per quanto riguarda il folk italico, domani riuniranno tutti i propri fans in quel di Verona, precisamente al Palacover di Villafranca, per la chiusura del loro Il Confine tour e per registrare quello che diventerà il loro primo DVD live.

Come inviata per Metallized, sarò presente anche io alla serata, sulla quale poi verrà pubblicato un doveroso report, che potrete ritrovare anche su questa pagina. Per tutti coloro che saranno presenti alla serata, ecco l'orario definitivo:
- apertura cancelli: 19.00
- inizio concerto: 22.30 (non ci saranno band di supporto)

Per ulteriori dettagli pratici e cambiamenti dell'ultimo minuto, visitate anche la pagina ufficiale dell'evento, mentre date un ascolto a Respiro Avido, il nuovo singolo, rimasto fino a poco tempo fa inedito, in vista di questa grande occasione.